Titolo del corso:
Università del rischio: traiettorie comunicative e ricorsività criminale
Il corso si focalizza sulle strategie di narrazione mediale riguardanti la ricorsività di eventi criminali all’interno di spazi formativi e in particolare universitari, con particolare riguardo alla rappresentazione del rischio da parte dell’informazione mainstream. Il corso propone una sezione teorica incentrata sulla sociologia del rischio di Beck, funzionale allo studio della rappresentazione del crimine come info-tainment al tempo della società mediale (Morcellini).
Tale analisi si rivolgerà poi a spazi di condivisione ritenuti di norma sicuri. E’ il caso degli spazi educativi e dell’Università, che non di rado è divenuta scenario di condotte criminali. Di qui il concetto di spazio accademico come spazio del rischio, legato soprattutto al fenomeno dei mass shootings nei campus universitari.
La connotazione mediale del crimine ha subito negli anni mutamenti significativi, legati all’evoluzione del giornalismo, alla pervasività del mainstream e all’avvento della rete. Si tratta di un aspetto messo in evidenza anche dalla communication research, grazie all’introduzione di fortunati concetti del campo degli studi sui mezzi di comunicazione, come quello di logica dei media. Dalla tecnologia all’intrattenimento, passando per l’attualità e l’informazione, la logica e il potere dei media si trasformano in cultura della società, plasmata dal racconto (anche criminale) del rischio che scandisce la realtà quotidiana. Si tratta di un aspetto evidenziato da Beck nel volume Conditio humana, a proposito dei rischi digitali e del fallimento delle istituzioni, egli evidenzia gli effetti della globalizzazione sul piano della costruzione di universi simbolici frammentari e labili, inficiati dalla narrazione permanente della violenza. Di qui l’introduzione dei concetti di “nuovi paesaggi della comunicazione”, “mali pubblici” e “costruzione digitale del mondo”, che si nutrono anche della metafora di immagini come “proiettili” e telecamere come “armi”. Da questo punto di vista, la metamorfosi del mondo digitale si nutre della dialettica tra media mainstream e social media, che forniscono rappresentazioni spesso complementari del crimine e delle sue implicazioni emotive. Sullo sfondo si stagliano le nuove realtà di informazione sospese tra media mainstream e nuovi media, sempre più artefici della costruzione narrativa della realtà quotidiana, anche di quella accademica (d’Alessandro). La narrazione dei rischi accademici acquista così una significativa rilevanza mediale, attestata dallo spazio informativo che guadagnano eventi criminali anche gravi. Si pensi all’impatto che le morti di Giulio Regeni e Valeria Solesin: lo svolgimento di attività di ricerca e di dottorati all’estero suggerisce una riflessione sociologica e giornalistica sulla effettiva percezione dei rischi legati alla frequentazione di spazi un tempo ritenuti al riparo da rischi, come chiese, scuole e università (Morcellini). In particolare, lo spazio accademico come luogo dell’insicurezza offre interessanti spunti di riflessione sul frame mediale della paura, come attestato dai numerosi casi di mass shootings negli Stati Uniti, tra tutti i massacri nella Columbine High School (1999) e al Virginia Tech (2007).
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